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Aladino e la lampada del bene e del male:
la lotta per l’affermazione del potere personale

Dr.ssa Sandra Pierpaoli

Alla lussuosa corte di un piccolo regno d’Arabia, il fidato consigliere del sultano in realtà trama nell’ombra per conquistare il trono e accomodarsi sul cuscino regale; il consigliere è infatti anche un perfido mago che ha scoperto nel suo laboratorio segreto il modo per recuperare la lampada magica finita nel fondo di una grotta nel deserto insieme a uno dei tanti tesori narrati in ogni fiaba che si rispetti. È la lampada del Genio, in grado di esaudire qualsiasi desiderio e potrà essere tirata fuori dalla grotta senza che tutto crolli, solo dalle mani di un cuore puro.

Il consigliere- mago ha scoperto colui che possiede tale dono:è Aladino, un povero ragazzo del popolo, che vive di piccoli furti e di sogni. Il mago non ha tempo da perdere e con l’inganno riesce a convincere il ragazzo ad addentrarsi nella grotta .

Il consigliere del sultano è accecato dall’avidità, che si nutre di rabbia per tutto quello che non ha o non riesce ad ottenere; egli non può sopportare di non essere sultano; la pregiata carica che ricopre non ha valore per lui se non per scavalcarla e assurgere al potere supremo. La sua creatività, rappresentata dalla veste di mago, viene attivata per raggiungere i suoi scopi con malvagità e lo rende un personaggio sempre scontento di se stesso, irrequieto e tenebroso.

Figuriamoci la furia sorda che gli scorre dentro quando vede Aladino correre via dallo scampato pericolo del crollo della grotta senza ritrovarsi in mano il magico oggetto così a lungo desiderato con possente bramosia! Aladino, ignaro di tutto l’ordito, di nuovo al sicuro sui gradini della piazza del mercato, tira un sospiro di sollievo e ride dell’accaduto con la sua fedele scimmietta, senza saper di quale prezioso potere è entrato in contatto, giacchè la furba e curiosa scimmietta tiene in mano proprio la lampada magica.

Cosa rende il nostro comune mortale un essere dal cuore puro? Aladino è fiero di sé nonostante le sue umili origini perché sa di poter contare sul bene e sull’approvazione della propria famiglia; la piccola scimmia che gli saltella sempre intorno è la sua creatività, svelta, furba e curiosa che si attiva per inseguire sogni d’amore e non di potere di sopraffazione.

Strofinando la vecchia lampada per lucidarla un po’, si materializza il Genio, lo spiritello del potere personale, quella parte sana di noi che ci permette di realizzarci con autenticità. Con l’apparizione del Genio comincia una serie di rocambolesche avventure, in cui si avvicendano a turno il bene e il male: quando la lampada è in mano ad Aladino il Genio esaudisce desideri costruttivi, tutti legati al sogno d’amore dell’umile ragazzo innamorato della principessa; quando la lampada è in mano al consigliere-mago il Genio esaudisce desideri distruttivi, relativi al suo bisogno aggressivo di essere tenuto in assoluta considerazione. Il Genio non può rifiutarsi di esaudire i desideri, neanche quelli malvagi.

Nella favola di Aladino il bene trionfa attraverso la soddisfazione della sete di potere del malvagio, attirato in una escalation autodistruttiva con la quale il consigliere-mago conclude il suo percorso “grandioso” desiderando di diventare chi ha il massimo potere: un Genio, ma non considerando che il genio vive chiuso nella lampada, dipende da qualcuno che la strofinerà e sarà costretto ad ubbidire. E’ la mancata accettazione, dunque, del bisogno umano dell’altro, dei propri limiti e la scarsa fiducia in sé e nell’altro non solo a far soccombere i sogni di gloria del consigliere del sultano, ma ad annientarlo come persona. Aladino viene accolto nella corte del sultano come sposo della principessa per il valore del suo coraggio e della sua lealtà provenienti dal riconoscimento dei suoi limiti e da un chiaro senso di libertà personale.

IL CASO DI SIRIO

Quando Sirio arrivò in terapia aveva 42 anni e quando se ne andò sbattendo la porta dello studio ne aveva 47. La sua era stata una storia dolorosa.

Suo padre era ammiraglio e sua madre aveva stabilito con Sirio una relazione molto complessa, di intenso amore quasi incestuoso e di profondo conflitto rispetto a tutto quello che rappresentava la specifica personalità del figlio, diversa per molti aspetti dalla sua.

Tra la rigidità paterna e il rapporto preferenziale della madre nei suoi confronti, pagato al caro prezzo di dure lotte per la salvaguardia della sua identità, Sirio aveva sviluppato un grande problema con il potere.

Come nella favola di Aladino, il suo “genio” vitale, in grado di concretizzare costruttivamente desideri e progetti, era rimasto intrappolato nella lampada, in attesa di ricevere istruzioni su come comportarsi.

Nella sua famiglia di origine era sicuramente mancato qualcuno che lo accompagnasse nel riconoscimento e nel rafforzamento del suo potere personale, che era stato piuttosto schiacciato in un continuo conflitto di volontà e nella lotta per la sopravvivenza emotiva. Nessuno aveva dato fiducia ai suoi talenti e alle sue caratteristiche individuali, anzi Sirio era abituato a sentirsi profondamente minacciato ogni volta che esprimeva se stesso e oramai anche ogni volta che gli altri si esprimevano. I bisogni altrui erano infatti percepiti da Sirio come altrettanti attacchi alla propria libertà. Nella sua vita attuale Sirio aveva a che fare con un matrimonio in continuo pericolo: i frequenti scontri con sua moglie e la tendenza reciproca alla sopraffazione gli facevano vivere l’estenuante e perenne minaccia di una separazione.

Inoltre il suo lavoro lo poneva continuamente in contatto con gravi problemi di affermazione personale, che cercava di ottenere o con la rabbia o attraverso il potere che gli veniva conferito dal suo ruolo dominante. Sirio doveva dolorosamente fare i conti con una parte di sé distruttiva e tenebrosa, che agiva cercando di predominare sugli altri.

Come il consigliere del sultano, questa parte di Sirio comandava al genio di agire per ottenere vantaggi personali e usava il proprio potere per diventare più autoritario e aggressivo, sopraffacendo chi gli stava intorno. Tuttavia, durante la terapia, emergeva spesso in lui un intenso desiderio di pace, di amore e di unione con sua moglie e con gli altri esseri umani e la sua parte più pura che desiderava affermare se stessa non per distruggere le relazioni o per avere più potere degli altri, ma per esprimersi nella sua ricchezza e per essere condivisa. Ogni volta che Sirio toccava questa zona di sé, rafforzava il suo reale potere , quello dei suoi sentimenti, dei suoi talenti e della sua bella forza guerriera in grado di combattere per dare spazio alla sua reale identità, offrendo alla terapia la possibilità di fare qualcosa di costruttivo per lui.

Nelle sedute in cui Sirio si dava il permesso di contattare la parte “pura” di sè , era come se Aladino sfregasse la lampada, e paziente e terapeuta vedessero apparire in tutta la sua potenza il “genio” che vi era intrappolato: gli indicavano allora di comune accordo di agire per concretizzare le belle qualità di Sirio non solo a favore di se stesso, ma anche della realizzazione di relazioni sane e soddisfacenti.

Come nella favola di Aladino, anche nella terapia con Sirio, la lampada è passata alternativamente, attraverso molte vicissitudini, da un padrone all’altro, da Aladino al consigliere del sultano, e poi di nuovo dall’uno all’altro, di volta in volta “usando” il genio, e cioè il potere personale, per costruire o per distruggere, per amare o per sopraffare, per spartire o per aggredire.

La parte distruttiva e la parte pura di Sirio si sono continuamente combattute il possesso della lampada, rendendo il suo percorso particolarmente faticoso e difficile. Nei cinque anni di lavoro terapeutico, Sirio ha sicuramente conosciuto e riconosciuto la possibilità di maneggiare il suo potenziale a vantaggio della crescita e dell’evoluzione della parte più luminosa di sé. Tuttavia, nel momento in cui avremmo potuto finalmente liberare il “genio buono” e rinchiudere nella lampada il “consigliere cattivo”, sciogliendo definitivamente l’ estenuante alternanza tra il costruire e il distruggere, Sirio ha sbattuto la porta e non è più tornato.

Suppongo che la lampada continui a passare dalla mano di Aladino a quella del consigliere del sultano, forse restando un po’ più a lungo in possesso di Aladino dopo il lavoro svolto insieme.

Auguro a Sirio di trovare la via per confinare finalmente nello spazio di una lampada la parte di sé che lo porta continuamente a distruggere ciò che ha costruito e per liberare per sempre dalla sua trappola la possibilità di realizzare se stesso.